Respirazione nelle attività di resistenza
Durante un esercizio di tipo aerobico di medio bassa intensità la ventilazione aumenta linearmente con il consumo di ossigeno. Tradotto in altri termini la frequenza e soprattutto la profondità del respiro aumentano in maniera proporzionale all'aumentare dello sforzo. In questa situazione il soggetto può tranquillamente respirare con il naso, sente un po' di fatica ma è ancora lontano dall'affanno. La percezione del respiro è dunque molto utile per regolare l'intensità dell'esercizio in quei soggetti un po' inesperti che non utilizzano il cardiofrequenzimetro.
Quando l'intensità cresce ulteriormente e si avvicina al massimale la ventilazione aumenta più del consumo di ossigeno. In pratica se l'intensità aumenta del 10% la risposta ventilatoria aumenta, ad esempio, del 20% grazie ad uno spiccato incremento della ventilazione e soprattutto della frequenza dei respiri.
Per spiegare questo fenomeno occorre fare un breve accenno alla Soglia anaerobica, ovvero quel valore di intensità d'esercizio oltre al quale la produzione di acido lattico eccede la capacità di smaltimento da parte dell'organismo. L'accumulo di lattato nel sangue viene parzialmente neutralizzato dai bicarbonati (sistemi tampone) con una reazione chimica che libera acqua ed anidride carbonica. Come tutti sanno quest'ultima sostanza (CO2) è molto tossica per l'organismo e dev'essere eliminata con il respiro.
Dunque l'acido lattico è il principale responsabile del "fiatone" che insorge durante l'attività fisica di alta intensità. In queste condizioni la richiesta di ossigeno e la necessità di eliminare anidride carbonica aumentano vertiginosamente costringendo il soggetto a respirare sia con il naso che con la bocca.
Non esiste una limitazione della performance di origine ventilatoria
Notizia sicuramente scioccante per molti dei lettori di questo articolo. Al contrario di quanto si possa pensare una maggiore capacità polmonare normalmente non consente di aumentare il proprio livello prestativo. E' stato infatti dimostrato che anche durante un esercizio massimale esiste una riserva funzionale da parte del sistema respiratorio. In queste condizioni la ventilazione è pari al 65-85% del massimo valore raggiungibile.
Tali dati dimostrano che in condizioni di massimo impegno l'organismo non sfrutta pienamente le sue capacità ventilatorie, di conseguenza possiamo affermare che "non esiste una limitazione della performance di origine respiratoria" (tale discorso potrebbe non essere del tutto vero nei due casi estremi, ovvero per il sedentario e per il mezzofondista di altissimo livello).
Il vero fattore limitante è la quantità di ossigeno che il nostro organismo riesce ad estrarre dall'aria ed utilizzare per i processi metabolici. Questo parametro insieme a quelli respiratori aumenta molto nel passaggio da sedentarietà a vita attiva, poi tende a stabilizzarsi. Il massimo consumo di ossigeno è infatti in gran parte determinato geneticamente e ci da una stima della "cilindrata del motore". Non è infatti detto che un 1000 cc (VO2 max minore) sia meno prestante di un 1300 cc (VO2max maggiore) poiché molto dipende dalla capacità di bruciare benzina (riserve energetiche), dal peso (percentuale di grasso corporeo), dall'aereodinamica (efficacia del gesto atletico) e dalla resistenza all'usura (percentuale di VO2 max sostenibile per un determinato tempo).
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